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Tra Pasolini (1922) e Fabrizio De André (1940) vi sono quasi vent’anni di differenza. Marxista rivoluzionario l’uno, anarchico e libertario l’altro. Uniti nell’intenzione (la critica alla società capitalista ed alla borghesia) ma divisi nell’azione (per Pasolini il popolo deve recuperare la sua funzione di soggetto agente nella Storia, mentre De André si “limita” a dare voce al sottoproletariato degli emarginati, degli “esclusi”). Questa dicotomia sembra però risolversi in quello che de André definisce “il più grande rivoluzionario di tutti i tempi”: Gesù Cristo. La spiritualità di Pasolini, attraversata dalla nostalgia del mitico, dell’epico e del sacro espressa ne Il vangelo secondo Matteo (“il più rivoluzionario di tutti gli evangelisti”) si incontra con la “pietas” laica di De André, che si identifica con un’etica dell’umano, come descritta nell’LP La buona novella (1970).

 

Il Gesù di Pasolini-De André accoglie i poveri, i diseredati, gli emarginati e attraverso la sua Parola “rivoluzionaria” li incita a prendere coscienza dei soprusi e degli abusi perpetrati dal Potere: la sua crocifissione è la crocifissione di una Verità scomoda. A partire da questa “idea unitaria di Cristo” e dalla visione del reale espressa dai due artisti, il progetto si propone di raccontare una serie di fatti di cronaca avvenuti nell’Italia a cavallo tra il XX ed il XXI secolo: una drammaturgia dove il linguaggio poetico si interseca con quello musicale, dove il Cristo di Pasolini-De André si incarna in 10 “figure” incastonate nei 10 Comandamenti appositamente reinterpretati. 10 personaggi (da Federico Aldrovandi a Rita Atria, da Padre Pino Puglisi a Donatella Colasanti passando per Eluana Englaro ed altri ancora) la cui “crocifissione” ha rivoluzionato (nel bene e nel male) il sentire comune di un Italia sempre più farisea, dove la morale clemente è per i ricchi e il rigore intransigente per i poveri.

 

I Cristi - raccontati da Francesca Falchi e Guido Maria Grillo - sono figure reali e terrene nei quali il divino è scintilla intrinseca all’umano. Non c’è niente di trascendentale che li faccia risorgere: solo la memoria ne tiene vivo il ricordo.

La drammaturgia sottolinea l’urbanicità di queste figure, l’inserimento in un quotidiano che li distrugge perché non li comprende né accoglie; perché la loro “purezza” disarticola l’impalcatura che sostiene interessi politici religiosi e sociali, dei contemporanei i cui comandamenti sono ineludibili e disumani.

Lo Spettacolo

Una produzione Origamundi.

Fotografie di Giuseppe Kotzia.

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